Psicoterapia online: un’opportunità di Serena Vallana
La situazione di emergenza determinata dal coronavirus ha spinto molti professionisti a trovare soluzioni alternative per continuare a svolgere in sicurezza il proprio lavoro.
Tra questi in prima linea ci sono gli psicologi. In un momento in cui la richiesta di sostegno si fa più stringente è necessario rivalutare le modalità con cui fornire aiuto alle persone.
È infatti evidente che la situazione del tutto particolare che stiamo vivendo ha delle ripercussioni sia immediate, sia nel lungo periodo, sulla salute psichica di gran parte della popolazione. Sono però le persone già in difficoltà che ne risentono maggiormente, con sintomi per esempio di ansia o depressione. L’esposizione a notizie drammatiche, infatti, non solo può generare normale preoccupazione che stimola ad attivarsi per fronteggiare il problema, ma può anche acuire sintomatologie già in atto o latenti.
L’isolamento o la convivenza forzata influiscono spesso sugli aspetti relazionali, che possono diventare di difficile gestione e portare a un’esacerbazione dei conflitti o un profondo senso di solitudine.
L’incertezza, il vuoto, una noia che può assumere i toni dell’angoscia, la paura: tutti sentimenti di cui vale la pena prendersi cura. È necessario trovare un luogo in cui questi vissuti possano essere espressi e compresi, senza vergognarsi di provarli, né di aver bisogno di aiuto. Se c’è una cosa che questa emergenza ci insegna è che dobbiamo trattarci con rispetto, nel corpo e nell’anima.
In tutto ciò la tecnologia ci viene in soccorso. Molti psicoterapeuti nel mondo utilizzano da anni diverse forme di terapia online, ma in Italia questa modalità è ancora marginale. Finora molti professionisti vi hanno fatto ricorso per brevi periodi, per esempio durante una separazione dovuta a uno spostamento in altra città o per una temporanea impossibilità del paziente di recarsi in studio. Ebbene, è questo il tempo del cambiamento.
Un’occasione di crescita anche per i professionisti sarà proprio lo sperimentare pratiche che non avevano considerato fino in fondo. È anche questo un segno di resilienza, laddove la flessibilità è uno dei più importanti indicatori di salute.
Ci si potrebbe chiedere se una terapia su Skype sia la stessa cosa.
È ovvio che il rapporto vis a vis porta con sé una serie di elementi che non sono trasferibili in un incontro online. Si perdono alcune sfumature, alcuni linguaggi del corpo. In un certo senso si perde la presenza. Per questo motivo non tutti i pazienti sono propensi a intraprendere questo tipo di percorso, vissuto come troppo poco contenitivo. In questi casi, se non ci si sente a proprio agio, non c’è motivo di forzarsi a portare avanti un discorso che può far sentire distanti.
Nella terapia online si perde in parte il setting, elemento fondamentale per una psicoterapia. Tuttavia si può fare terapia anche in contesti molti diversi, pensiamo ad esempio a quanto siano mutevoli gli spazi nei servizi pubblici. Il setting è, innanzitutto, nella mente. È vero inoltre che questo viene rivisto e ricostruito, diventando a sua volta un elemento di cui il terapeuta deve prendersi cura, esattamente come fa nel proprio studio. La costanza dello spazio, la cadenza delle sedute, la durata dei colloqui sono alcuni dei fattori che restano invariati andando a creare quel luogo e quel tempo sicuri che sono alla base di una buona terapia.
Secondo le ricerche sulle psicoterapie online non cambia l’alleanza terapeutica, né viene meno l’efficacia. Ad esempio alcune ricerche suggeriscono che la psicoterapia online non si discosti mediamente dalla psicoterapia offline in termini di comunicazione, comprensione e alleanza terapeutica (Cohen e Kerr;1998; Knaevelsrud; Maercker, MD, 2006; Thompson, 2016) e anche l’APA (American Psychological Association) ha tratto segnali incoraggianti dalle ricerche sull’efficacia di questa pratica.
Non dobbiamo inoltre sottovalutare che in questo momento storico moltissime persone sono già molto abituate a intrattenere relazioni online e a interagire virtualmente, diversamente da ciò che accadeva qualche anno fa. Questo modo di relazionarci ci ha insegnato anche sentire come meno “fredda” una conversazione in video, rendendola sempre più una modalità “normale” e fluida, che non sostituisce e non sostituirà mai il rapporto di persona, ma che può fungere da ponte già proiettato verso il momento in cui ci si potrà rincontrare.